Per colpa del bollo si invade anche la privacy
Quando si richiede un qualsiasi certificato all’ufficio anagrafe l’impiegato di turno pone inderogabilmente la domanda “che ci devi fare ?” .
Quella che al primo impatto appare come una maleducata intromissione e violazione della privacy è invece un obbligo di Legge ed anche un favore che ci viene reso dall’impiegato.
Infatti la normativa sull’imposta di bollo specifica circostanziate motivazioni per le quali il certificato rilasciato è esente da bollo.
Questo significa che in via generale tutti i certificati sono soggetti al bollo ordinario di € 14,62 e solo in alcuni casi specifici scatta l’esenzione.
Se l’impiegato non accerta le finalità del certificato o se il cittadino si rifiuta di spiegarlo l’atto deve essere emesso obbligatoriamente in bollo.
Pertanto la richiesta dell’impiegato non è da ritenere come violazione della privacy in quanto l’acquisizione di tale notizia rientra tra i fini istituzionali e nell’adempimento di obblighi fiscali.
D’altra parte in caso di omissione del bollo nei casi in cui è dovuto l’inadempienza comporta evasione fiscale con responsabilità solidale tra il cittadino che richiede il certificato e l’impiegato pubblico che lo rilascia.
Tra l’altro la presenza o meno della marca da bollo determina anche l’ammontare dei diritti di segreteria che si devono pagare al Comune.
I certificati in bollo sono soggetti a diritti di segreteria per € 0,52, mentre in esenzione da bollo i diritti si riducono alla metà: 26 centesimi.
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