Referendum svizzero per l’abolizione del bollo sui finanziamenti
Non solo in Italia, il bollo tiene banco anche in Svizzera e le posizioni sono piuttosto distanti. Il prossimo 13 febbraio si terrà un referendum per l’abolizione del bollo federale che colpisce chi richiede un nuovo finanziamento.
“L’attuale bollo federale – dice L’Associazione bancaria ticinese (Abt) – pari all’1 per cento, colpisce le aziende che per finanziare nuovi investimenti o per coprire perdite d’esercizio intendono aumentare il capitale proprio a bilancio. In media sono oltre 2’000 le aziende che in Svizzera ricorrono ad un aumento di capitale superiore a 1 milione di franchi e che quindi devono pagare il bollo federale. Già il fatto di dover pagare una tassa per poter procedere ad un finanziamento proprio appare una vera e propria assurdità economica”.
Cari amici ticinesi, lo venite a dire a noi che paghiamo il bollo solo perché abbiamo un conto corrente, senza richiedere finanziamenti?
Dopo più di 10 anni di discussioni e di compromessi il Parlamento federale nell’estate scorsa ha approvato a larga maggioranza l’abolizione del bollo sugli aumenti di capitale. Si tratta di un gesto concreto della politica a favore dell’economia in un momento di grandi difficoltà legate alla crisi pandemica.
L’attuale bollo federale, pari all’1 per cento, colpisce le aziende che per finanziare nuovi investimenti o per coprire perdite d’esercizio intendono aumentare il capitale proprio a bilancio. In media sono oltre 2’000 le aziende che in Svizzera ricorrono ad un aumento di capitale superiore a 1 milione di franchi e che quindi devono pagare il bollo federale.
L’abolizione del bollo federale, antica reliquia del passato e penalizzante a livello internazionale, favorirebbe non soltanto le imprese rafforzando la propria capacità di finanziamento ma creerebbe sul medio termine nuovi posti di lavoro, maggior benessere generale e più introiti fiscali a favore di tutta la popolazione.
Si tratta di un’imposta speciale sui fondi propri e gli investimenti che in Europa solo la Grecia e la Spagna conoscono, anche se in forma diversa.
Altro che «truffa» o «regalo alle grandi imprese», come sostenuto dalla sinistra: la tassa di bollo sull’emissione di capitale proprio, sulla cui abolizione si voterà il 13 di febbraio, indebolisce l’economia svizzera nel suo insieme poiché colpisce soprattutto le piccole e medie imprese (PMI). Uno stralcio di questo prelievo gioverebbe alle società desiderose di svilupparsi e, quindi, all’occupazione.
Il 90% delle aziende che pagano questa tassa sono infatti piccole ditte, stando al comitato interpartitico che ha invitato oggi ad approvare la riforma voluta dal parlamento e sostenuta dal Consiglio federale. Tale prelievo incide in senso negativo sui fondi propri dell’azienda e ne restringe quindi l’autonomia.
Il copresidente del comitato, nonché presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), Fabio Regazzi (Centro/TI), ha ricordato nel suo intervento che il prelievo sulle società è aumentato negli ultimi anni. Il consigliere nazionale ticinese, egli stesso imprenditore, ha sottolineato che, a differenza di quanto affermato dalla sinistra, questa tassa colpisce soprattutto le imprese che devono passare alla cassa quando dopo la seconda o terza raccolta di fondi – destinati a sviluppare l’impresa – superano il limite di esenzione di un milione di franchi.
A parere della sinistra, lo stralcio di questa imposta andrà a beneficio solo delle grandi imprese, del settore finanziario e dei proprietari di capitali e svuoterebbe le casse pubbliche in un momento in cui la crisi pandemica ha portato a un enorme aumento della spesa.
Il Consiglio federale, sostenuto dalla destra e dalle associazioni economiche, crede invece che l’abolizione di questa tassa avrà un effetto positivo sulla crescita economica e sull’occupazione. I mancati introiti verrebbero compensati da maggiori investimenti delle aziende interessate dal momento che verrebbe a cadere questo balzello. L’abolizione gioverebbe in particolare alle aziende giovani e in forte crescita che non possono contare su un cuscinetto, ossia riserve, in grado di attutire i contraccolpi di una crisi. Le aziende ben capitalizzate hanno infatti più probabilità di superare i momenti difficili poiché dispongono di maggiori riserve.
[ fonti: ticinonews.ch abti.ch (associazione bancaria ticinese) tio.ch ]
Lascia un commento